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D.M. LL.PP.. 09/05/2001
1. Premessa La finalità generale del Decreto del Ministro dei lavori pubblici, d'intesa con i Ministri dell'interno, dell'ambiente, dell'industria, commercio e artigianato e con la Conferenza Stato - Regioni, ai sensi dell'articolo 14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 è quella di definire i requisiti minimi in materia di pianificazione territoriale e urbanistica con riferimento alla destinazione ed utilizzazione dei suoli, correlati alla necessità di mantenere le opportune distanze tra stabilimenti e zone residenziali, al fine di prevenire gli incidenti rilevanti e di limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente. La novità del Decreto interministeriale consiste, quindi, nel regolamentare un processo di integrazione tra le scelte della pianificazione territoriale e urbanistica e la normativa attinente gli stabilimenti soggetti all'applicazione della direttiva 96/82/CE e del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. Il Legislatore indica, pertanto, la necessità di implementare la strumentazione urbanistica e territoriale con le condizioni di compatibilità delle scelte economico – produttivo di forte impatto territoriale e ambientale. Risaltano, in tale processo, alcuni aspetti:
- il ruolo della Regione, la quale, oltre ad avere attribuzioni specifiche nei settori ambientali e produttivo, ancora maggiormente dettagliate nel D.lgs n.112/98, con particolare riguardo al tema delle attività a rischio di incidente rilevante (art.72), è competente nella materia urbanistica ai sensi dell'art.117 Cost. e dei successivi decreti del Presidente della repubblica;
-il ruolo della Provincia, e delle città metropolitane, alle quali, nell'ambito delle attribuzioni del Decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, spettano le funzioni di pianificazione di area vasta, per indicare gli indirizzi generali di assetto del territorio. Si evidenzia quindi l'opportunità che il territorio provinciale, ovvero l'area metropolitana, debba costituire - rispetto al tema trattato - l'unità di base per il coordinamento tra la politica di ge- stione del rischio ambientale e la pianificazione di area vasta, con la specifica missione di ricomporre le scelte locali rispetto ad un quadro coerente di livello territoriale più ampio.
- la funzione di base delle Amministrazioni comunali, le quali - sia tramite l'applicazione del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, sia attraverso le competenze istituzionali di governo del territorio, derivanti dalla Legge Urbanistica e dalle leggi regionali, devono adottare gli opportuni adeguamenti ai propri strumenti urbanistici, in un processo di verifica iterativa e continua, generato dalla variazione del rapporto tra attività produttiva a rischio e le modificazioni della struttura insediativa del comune stesso. Infine, è il caso di mettere in evidenza il difficile rapporto - temporale e processuale - tra le procedure di matrice urbanistica con la maggiore dinamicità di trasformazione dei processi e degli impianti produttivi e delle potenzialità di rischio rilevante, che deve trovare soluzione in una attenta e continua "lettura" del territorio, in relazione agli obiettivi di governo dello stesso. Le valutazioni e le metodologie indicate nel presente Allegato hanno, pertanto, lo scopo di fornire, nell'ambito della procedura individuata dalle regioni, requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante, ed elementi tecnici utili alle Autorità competenti sul controllo dell'urbanizzazione, per i compiti previsti dall'articolo 14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. I contenuti del presente allegato potranno essere integrati dalla disciplina regionale attuativa di cui all'art. 2 del Decreto1.
2. Pianificazione territoriale La pianificazione territoriale, nei termini previsti dal Decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, in relazione alla presenza di stabilimenti a rischio d'incidente rilevante, ha come obiettivo la verifica e la ricerca della compatibilità tra l'urbanizzazione e la presenza degli stabilimenti stessi. A tal fine, sulla base dei criteri esposti nel presente allegato, nell'ambito della determinazione degli indirizzi generali di assetto del territorio è possibile individuare gli interventi e le misure di prevenzione del rischio e di mitigazione degli impatti con riferimento alle diverse destinazioni del territorio stesso, in relazione alla prevalente vocazione residenziale, industriale, infrastrutturale, ecc. Il Piano territoriale di coordinamento deve tendere a riportare a coerenza, in termini di pianificazione sovracomunale, le interazioni tra stabilimenti, destinazioni del territorio e localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione. In sede di pianificazione di area vasta occorre, di conseguenza, individuare e definire i rapporti tra localizzazione degli stabilimenti e limiti amministrativi di competenza comunale, in particolare nelle situazioni in cui gli stabilimenti sono collocati in prossimità dei confini amministrativi comunali e comportano, ovviamente, un allargamento dei fattori di rischio sui comuni limitrofi. Si evidenzia, in questi casi, l'opportunità di promuovere procedure di co- pianificazione e di concertazione, già presenti in alcune normative regionali. Gli strumenti di pianificazione territoriale recepiscono infine le indicazioni derivanti dai piani di emergenza esterna, di cui all'art. 20 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nonché l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26 del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti. A seconda dei casi specifici, delle diverse normative regionali e delle attribuzioni di competenze derivate dai processi di delega in corso, si possono prefigurare varie modalità di attivazione delle procedure di variazione della pianificazione territoriale, in rapporto anche alle modifiche relative alla pianificazione urbanistica. Si può ipotizzare un tradizionale processo sequenziale, che parte dalla determinazione degli indirizzi generali a livello provinciale, da parte del piano territoriale di coordinamento, per arrivare ad una individuazione e disciplina specifica delle aree sottoposte a regolamentazione da parte dello strumento urbanistico comunale. Ma si possono anche ipotizzare processi che, almeno in parte, seguono la direzione opposta, dal Comune alla Provincia. Si possono infine ipotizzare processi e strumenti di copianificazione e concertazione che contestualmente definiscono criteri di indirizzo generale di assetto del territorio e attivano le procedure di riconformazione della pianificazione territoriale e della pianificazione urbanistica. Quest'ultima ipotesi è auspicabile, anche in relazione alla necessità di apportare le varianti necessarie all'adeguamento al presente Decreto in tempi molto brevi sia per i piani territoriali di coordinamento che per gli strumenti urbanistici, come previsto dall'art.14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334. È di tutta evidenza quindi l'opportunità di rendere contestuali, il più possibile, le analisi, le valutazioni ed elaborazioni tecniche, nonché le decisioni degli enti territoriali competenti e dei soggetti comunque interessati.
3. Pianificazione urbanistica L'art.14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 individua tre ipotesi
a) insediamenti di stabilimenti nuovi
b) modifiche degli stabilimenti di cui all'articolo 10, comma 1, del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334
c) nuovi insediamenti o infrastrutture attorno agli stabilimenti esistenti, quali ad esempio, vie di comunicazione, luoghi frequentati dal pubblico, zone residenziali, qualora l'ubicazione o l'insediamento o l'infrastruttura possano aggravare il rischio o le conseguenze di un incidente rilevante. Le prime due fattispecie (a, b) hanno origine da una proposta o comunque da un intervento posto in essere dal gestore. In tal caso, l'Amministrazione comunale deve:
- verificare, attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti coinvolti, la compatibilità territoriale e ambientale del nuovo stabilimento o della modifica dello stabilimento esistente rispetto alla strumentazione urbanistica vigente;
- promuovere la variante urbanistica, qualora tale compatibilità non sia verificata, nel rispetto dei criteri minimi di sicurezza per il controllo dell'urbanizzazione La terza fattispecie (c), viceversa, presuppone un processo inverso. In tal caso, infatti, l'Amministrazione comunale deve:
- conoscere preventivamente, attraverso i metodi e i criteri esposti nel presente allegato e con l'apporto dei soggetti coinvolti, la situazione di rischio dello stabilimento esistente;
-considerare, nelle ipotesi di sviluppo e di localizzazione delle infrastrutture e delle attività rubricate al punto c) del comma 1 dell'art.14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, la situazione di rischio presente e la possibilità o meno di rendere compatibile la predetta iniziativa. Per quanto riguarda le fattispecie a) e b), è applicabile il procedimento di approvazione della variante allo strumento urbanistico di cui all'articolo 2 del d.P.R. 447/98, mentre nel caso della fattispecie c), previa valutazione delle previsioni vigenti dello strumento urbanistico, il procedimento di approvazione della eventuale variazione al medesimo, ricade nella situazione generale, variamente normata dalle leggi regionali. Nel caso di modifiche comportanti aggravio di rischio, ai sensi del Decreto 9 agosto 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, S.G., n. 196 del 23 agosto 2000, il gestore deve verificare e dichiarare alle autorità competenti se le aree di danno in relazione alle diverse classi di probabilità conseguenti alla realizzazione della modifica non siano superiori a quelle preesistenti. In tale ultimo caso, si deve intendere l'effetto della modifica non rilevante ai fini dell'attivazione delle procedure di cui al presente De creto. In ogni caso non è necessario attivare la variante urbanistica qualora le ipotesi incidentali, attestate dal gestore o dall'autorità competente ai sensi dell'art. 21 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, prevedano scenari di danno esclusivamente all'interno del perimetro dello stabilimento stesso. Sono esclusi dall'applicazione diretta del presente Decreto gli stabilimenti esistenti che non ricadono in una delle fattispecie previste dall'articolo 14 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nonché gli stabilimenti per i quali è in corso di definizione l'istruttoria prevista dalla normativa vigente, fino alla conclusione della medesima. È comunque possibile in sede di revisione della pianificazione territoriale e urbanistica assumere i criteri e le metodologie del presente Decreto, con una opportuna analisi e documentazione degli elementi tecnici e delle decisioni assunte. La valutazione della compatibilità territoriale e ambientale, per quanto attiene gli strumenti urbanistici, deve necessariamente condurre alla predisposizione di opportune prescrizioni normative e cartografiche riguardanti le aree da sottoporre a specifica regolamentazione. L'individuazione e la disciplina di tali aree si fonda su una valutazione di compatibilità tra stabilimenti ed elementi territoriali e ambientali vulnerabili. L'individuazione di una specifica regolamentazione non determina vincoli all'edificabilità dei suoli, ma distanze di sicurezza. Pertanto i suoli interessati dalla regolamentazione da parte del piano urbanistico, non perdono la possibilità di generare diritti edificatori, in analogia con altre fattispecie dell'ordinamento come, ad esempio, le distanze di rispetto cimiteriali. In altri termini, l'edificazione potrà essere trasferita oltre la distanza minima prescritta dal piano, su aree adiacenti, oppure, ove lo consentano le normative di piano, su altre aree del territorio comunale. Gli strumenti di pianificazione urbanistica recepiscono, inoltre, le indicazioni contenute nei piani territoriali e quelle derivanti dai piani di emergenza esterna di cui all'art. 20 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (e in particolare le previsioni di localizzazione dei presidi di sicurezza all'interno della strumentazione urbanistica, come, ad esempio, le caserme dei VV.F), nonché l'individuazione delle aree ecologicamente attrezzate di cui all'art. 26 del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, eventualmente utilizzabili per la localizzazione degli stabilimenti. Il riferimento all'obbligo di parere preventivo da parte dell'Autorità competente ai sensi dell'articolo 21 del Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, nel caso di rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza di variante urbanistica, si deve intendere esteso anche alle denuncie d'i- nizio attività, nel caso in cui le leggi regionali prevedano l'applicabilità di tale ultimo istituto.
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Agricoltura, Artigianato, Alberghi, Balneazione, Spettacolo, Turismo
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Energia, Energie Alternative
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